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![]() PARTITO REPUBBLICANO NAZIONALE (National Republican Party). Uno dei due maggiori partiti politici degli Usa che dalla metà dell'Ottocento si è alternato al potere con il Partito democratico. Benché questi due grandi partiti non si differenzino in funzione di ideologie compiutamente definite, sono tuttavia portavoce di diversi gruppi di interesse (vedi lobby) e di soluzioni differenti a singoli problemi concreti. Tradizionalmente la base politica del Partito repubblicano attinse la sua forza dalle piccole città e dalla aree suburbane e rurali, specialmente nel Midwest e in alcune zone del New England; successivamente, tuttavia, ricevette un determinante sostegno elettorale dagli stati e dalle regioni del sud e del sudovest, la cosiddetta Sun belt che dagli anni settanta del Novecento divenne il nuovo baricentro produttivo e occupazionale del paese. Di orientamento più conservatore (conservative, in quanto opposto a liberal) del Partito democratico, quello repubblicano fu spesso definito il partito del mondo degli affari per il suo costante appoggio ai gruppi del capitalismo industriale e finanziario. Si dimostrò tuttavia portavoce sia degli interessi delle grandi società sia delle imprese più piccole e spesso attrasse i consensi di ampi settori della classe operaia. Già erede della tradizione politica federalista di Alexander Hamilton e opposto ai democratici di Andrew Jackson fin dalle elezioni del 1832, il Partito repubblicano nacque ufficialmente da una coalizione di oppositori del Kansas-Nebraska Act (1854), la legge che apriva i territori occidentali all'espansione della schiavitù: gruppi antischiavisti, seguaci del Free Soil Party (Partito del libero suolo), numerosi democratici, esponenti dell'ormai disciolto partito whig, difensore dei grandi interessi manifatturieri del nord. IL PARTITO DELLO SVILUPPO. Diventato il secondo partito nazionale, antagonista dei democratici nelle elezioni presidenziali del 1856, giunse alla vittoria con Abraham Lincoln (1861), raccogliendo i suffragi dei ceti agrari e industriali degli stati del nord e dell'ovest, alleati contro il sistema economico schiavista, fondato sul grande latifondo e minacciante, col suo liberismo a sostegno delle esportazioni di cotone e tabacco, lo sviluppo della ancor gracile industria del nord. La sua elezione determinò la secessione del sud e la conseguente guerra civile americana (1861-1865). Al termine del conflitto il Partito repubblicano rimase per molti decenni il partito della vittoria e dell'Unione e sostenne, con la sua politica di protezionismo doganale all'esterno e di libero mercato all'interno, lo sviluppo vertiginoso del capitalismo industriale e finanziario. Dalla guerra civile ai primi anni trenta del Novecento i candidati repubblicani conquistarono quasi sempre la presidenza, che per i democratici fu conquistata solo da Grover Cleveland (nel 1884 e nel 1892) e Woodrow Wilson (nel 1912 e nel 1916). Al contrario, il Partito repubblicano fu generalmente in minoranza al Congresso e nelle assemblee statali. Agli inizi del Novecento esso fece proprie, con il movimento progressista, molte istanze democratiche. Il presidente Theodore Roosevelt (1901-1909) fu l'espressione più tipica del progressismo, conquistandosi la reputazione di castigatore dei trust per i suoi attacchi, in realtà assai limitati, alle grandi imprese. DALL'ISOLAZIONISMO AGLI ANNI OTTANTA. Al termine della Prima guerra mondiale l'elettorato americano sostenne il programma isolazionista dei repubblicani contro l'impegno profuso in campo internazionale dall'amministrazione Wilson. Ma la crisi del 1929 condannò la politica di non intervento in economia sostenuta dai repubblicani e avviò un periodo dominato dal Partito democratico e dalla coalizione del New Deal che, con alcune parentesi di presidenza repubblicana, rimase al potere fino al 1980. Dal 1940, il partito si trovò diviso tra l'ala moderata e quella conservatrice, il cui leader fu il senatore dell'Ohio Robert Taft, e non furono sufficienti a risollevarne le sorti le elezioni del generale D. Eisenhower (nel 1952 e nel 1956) e di R. Nixon (nel 1968 e nel 1972), primo presidente della storia americana costretto a dimettersi, in seguito allo scandalo Watergate. All'inizio degli anni ottanta l'alto tasso di inflazione e l'incerta politica estera del democratico Jimmy Carter portarono alla vittoria il governatore della California R. Reagan. I punti saldi del suo programma furono, in politica interna, il rilancio della prosperità economica attraverso il calo delle imposte, la privatizzazione di numerosi settori pubblici, l'arresto dell'inflazione e, in politica estera, il rafforzamento della potenza militare statunitense. I dodici anni di governo repubblicano, dalle presidenze di Reagan (1981-1985 e 1985-1989) a quella di G. Bush (1988-1992), comportarono una forte ripresa del partito che trovò un rinnovato vigore intellettuale nel pensiero del neoconservatorismo. Oppositori del welfare state e del controllo statale in economia, gli intellettuali neoconservatori ispirarono, nel corso degli anni ottanta, una serie di misure governative (vedi deregulation). Decisi assertori della potenza militare statunitense, proposero di aumentare i finanziamenti per i programmi di difesa nazionale. Malgrado la maggiore abilità dimostrata nell'utilizzo dei mass media a partire dagli anni ottanta, i repubblicani secondo i sondaggi rimangono il partito di minoranza (dal 1960 al 1984 solo il 22-29% dei votanti si considerava repubblicano, a fronte di un 40-46% di democratici). E. Maranzana ![]() W.N. Chambers, W.D. Burnham (a c. di), The American Party System, New York 1975 (1967); J.L. Sundquist, Dynamics of the Party System: Alignment and Realignment of Political Parties in the United States, Brookings Institution, Washington 1973; M. Vaudagna (a c. di), Il partito politico americano e l'Europa, Feltrinelli, Milano 1991; S. Volterra, Sistemi elettorali e partiti in America, Giuffrè, Milano 1963. |
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